Descrizione
Marzo è il mese per la sensibilizzazione sull’endometriosi, una patologia cronica, progressiva e invalidante che colpisce le donne e ha un forte impatto sociale. A marzo troverete sul nostro sito web alcuni approfondimenti su questa patologia e sui percorsi per promuovere e garantire una salute più equa e sensibile.
Il primo appuntamento è con l'attivista Sara Beltrami, promotrice di una mozione di iniziativa popolare per misure di tutela alle donne affette da questa malattia. La petizione è stata poi approvata da diversi Comuni, tra cui quello di Casina, dalla Regione Emilia-Romagna e adesso sta viaggiando per l’Europa, grazie all’impegno del Comitato “Endometriosi: Firma adesso!”.
Reggio Emilia è stata la prima città in Italia ad approvare la mozione di iniziativa popolare, nata da una tua idea, per chiedere misure di tutela per le donne affette da endometriosi. Come è nato il tuo percorso di attivismo su questo tema?
Il mio percorso nasce prima di tutto come paziente, nel 2012 mi sono avvicinata ad un’associazione nazionale in cui sono stata parte attiva per tanti anni. Un percorso che nasceva dalla mia esigenza di cercare di far sì che nessun altra donna in futuro dovesse affrontare lo stesso dolore e lo stesso percorso che io e altre donne avevamo vissuto. Qualche anno fa ho sentito che questo percorso di associazionismo per me era terminato e ho lasciato l’associazione. Ho sempre avuto la passione per la scrittura così in questi anni ho curato il mio blog sulla salute, ho scritto articoli e seguito campagne sul tema endometriosi e medicina di genere.
Poi, alla fine del 2021, pensando al buon esempio che era venuto dalla petizione sulla “tampon tax” (per ridurre l’Iva sugli assorbenti femminili) mi sono chiesta se non ci fosse il modo di attivare una petizione simile per richiedere misure misure di tutela per le donne con endometriosi. Così ho scritto il testo della petizione e mi sono rivolta a Dario De Lucia, un consigliere comunale del mio comune (Reggio Emilia) che mi ha aiutata a presentare la petizione e a marzo del 2022 sono partita da sola. In soli 2 mesi abbiamo scritto un pezzetto di questa storia insieme a tante altre persone che si sono attivate avendo semplicemente fiducia nell’iniziativa e negli obiettivi proposti.
Quello che mi ha incoraggiata a iniziare era il fatto che la strategia fosse quella di una “spinta dal basso”, dove sono i cittadini a fare le proposte e ad attivarsi. In tanti anni di associazionismo avevo già avuto modo di relazionarmi con le istituzioni ma era come se ad un certo punto qualche ingranaggio del meccanismo istituzionale poi si bloccasse. Così ho pensato che non c’è niente di più democratico e partecipativo di una raccolta firme dove sono le persone ad esprimere i bisogni, sempre basando le nostre richieste sull’evidenza scientifica. Siamo partiti da Reggio Emilia, siamo arrivati in altri comuni, come a Casina, e poi fuori dall’Emilia-Romagna. Continuiamo a far votare ai comuni la nostra petizione, o meglio il testo della petizione che diventa poi una mozione comunale condivisa, perché nel testo della petizione è prevista una segnalazione all’assessorato di competenza della Regione così come alla Commissione Igiene e Sanità del Senato. Con questi solleciti, con questi voti, noi continuiamo a sollecitare le istituzioni competenti.
Grazie agli sforzi tuoi e del comitato, negli ultimi anni l’endometriosi ha smesso di essere una condizione semisconosciuta e ampiamente sottovalutata sia in Italia che nel resto d’Europa, come siete arrivati ai riconoscimenti a livello regionale ed europeo e quanto questi sono importanti nel percorso per promuovere e garantire una salute più equa e sensibile?
Negli ultimi anni le cose sono cambiate molto rispetto a quando io ho scoperto di avere l’endometriosi, 10 anni fa. Questo grazie ai medici specializzati che hanno condiviso la propria conoscenza e attivato ambulatori e percorsi di formazione e sensibilizzazione, ma anche grazie alle associazioni. Oggi poi su internet e sui social si trovano tantissime informazioni, anche se non sempre di buona qualità.
Ora però siamo ad un punto di svolta: bisogna passare dall’essere informate all’essere tutelate. La nostra strategia, come comitato, si basa su una forma di partecipazione: sono i cittadini che si mobilitano e chiedono alle istituzioni di attivare i percorsi. Nel caso della regione Emilia-Romagna abbiamo raccolto 4000 firme in soli due mesi, appena lanciata la petizione, questo ci ha permesso di arrivare subito agli uffici del Presidente della Stefano Bonacini per consegnare le firme e attivare l’iter legislativo. Abbiamo incontrato l’assessorato, parlato con i medici, abbiamo cercato di ascoltare le necessità e bisogni di tutti per arrivare poi al voto di una risoluzione nel mese di gennaio, da inserire nel bilancio regionale.
Il percorso in Europa invece è stato diverso, è stato spinto dal risultato virtuoso in Regione, poi presentata da Sabrina Pignedoli, europarlamentare della nostra area. Ritengo questo passo molto importante perché nonostante l’Europa non abbia la capacità di legiferare in materia di salute può però avere un ruolo incisivo nel sollecitare gli Stati membri a prendere provvedimenti sull’endometriosi. Il parlamento europeo fu tra le prime istituzioni a parlare di malattia sociale e a sollecitare l’attivazione di strategie di prevenzione secondaria e di formazione del personale sanitario rispetto alla malattia. Credo che sia importante non trascurare nessun aspetto, coinvolgendo le istituzioni a tutti livelli. A mio avviso il percorso per richiedere misure di tutela sull’endometriosi è un percorso che non riguarda esclusivamente le donne che sono affette da questa malattia, credo fermamente che l’endometriosi vada a toccare talmente tanti ambiti e risvolti della vita di una donna, anche sul piano umano e sociale che queste battaglie rendono più consapevoli tutte e tutti, anche chi la malattia non la vive. Abbiamo trovato davvero grande solidarietà anche da parte di chi la malattia non la viveva, neanche in famiglia, questa è la prova che si tratta di un problema molto ampio con dei risvolti importanti e che ognuno può fare la propria parte.
Per il comitato è ancora lungo il cammino? Quali sono i prossimi passi/obiettivi?
Potenzialmente il cammino non finirà finché non saremo arrivati al ministero della salute, ma in realtà io spero che in qualche modo riusciremo a concluderlo molto presto, visti i risultati che abbiamo ottenuto in un solo anno. In regione Emilia-Romagna, dove abbiamo portato avanti per intero l’iter di petizione, in questi giorni abbiamo chiuso il primo punto di richiesta, cioè siamo riusciti a lavorare con l’assessorato per attivare da fine marzo in poi una campagna di informazione che è destinata alla cittadinanza ma anche al personale sanitario della regione. Questo è un grande passo perché l’informazione e la sensibilizzazione agiscono sulla prevenzione secondaria: noi non possiamo impedire che le donne si ammalino, ma possiamo fare in modo che le donne non arrivino ad una diagnosi in un’età tardiva e soprattutto che intraprendano da subito i percorsi giusti.
Ora dobbiamo discutere gli altri punti di richiesta, che sono molto più insidiosi e che richiedono anche un budget più importante. Si tratta, nello specifico, di finanziare e monitorare adeguatamente i piani diagnostico terapeutici per l’endometriosi che la nostra regione ha attivato dal 2019, ma che hanno affrontato le fatiche di una pandemia e di un sistema sanitario definanziato, e anche di lavorare sul terzo punto di richiesta: ovvero l’inserimento delle terapie ormonali di riferimento per le donne che hanno accesso al codice zero 63 cioè il codice che riconosce l’endometriosi come malattia cronica e invalidante, ma che ad oggi non ha all’attivo misure di tutela che diano un contributo concreto nel percorso di cura delle donne. Se riuscissimo ad ottenere questi due punti posso dire senza troppa presunzione che daremo di conseguenza una svolta all’intero sistema sanitario nazionale. Sappiamo che la nostra è una regione virtuosa, che spesso ha fatto da apripista su temi importanti che creano un effetto domino anche su altre regioni. Infatti, dopo il voto regione Emilia-Romagna del 10 gennaio siamo già stati contattati da alcune regioni limitrofe. Entro il mese di luglio l’assessorato della regione Emilia-Romagna inserirà quindi in bilancio una variazione che prevedrà anche questo budget. Stiamo lavorando ed è molto difficile perché siamo tutti volontari, non siamo un’associazione, non abbiamo budget, non abbiamo contatti politici diretti e non abbiamo influencer dalla nostra. Tutto quello che facciamo lo costruiamo in rappresentanza di tanti cittadini che hanno firmato e con le nostre sulle risorse, credo che questa sia un altro aspetto straordinario di questo percorso. Ci tengo molto a ringraziare il Comune di Casina per il sostegno dimostrato.